BOEMONDO I D'ALTAVILLA
DOCUMENTI
Fulvio Delle Donne - Le iscrizioni del Mausoleo di Boemondo - ArNoS 3
Marco Boemondo D'Altavilla, fu il figlio primogenito di Roberto il Guiscardo, Duca di Puglia e di Calabria.
Nacque dall'unione matrimoniale tra Roberto il Guiscardo e Alberada di Buonalbergo, che fu più tardi ripudiata. Fu battezzato col nome di Marco in onore del Santo patrono di San Marco Argentano, ma fu largamente noto con il soprannome di "Boemondo", a causa di una leggendaria creatura biblica che portava tale nome, il Behemoth. Fino al 1098 firmava i documenti semplicemente come Roberti ducis filius.
A causa della sua controversia con il fratello (Ruggiero Borsa) per il ducato di Puglia, fu chiamato dux Apuliae da alcuni cronisti. Tuttavia, il titolo utilizzato più frequentemente, dagli altri capi crociati durante la sua vita ed in seguito, fu Antiocenus Princeps Durante il grande attacco ai Balcani contro l'impero di Bisanzio (1080-1085), servì sotto suo padre, comandando l'esercito normanno durante l'assenza del Guiscardo (1082-1084) e penetrando in Tessaglia così come a Larissa. Fu respinto da Alessio I Comneno. Quest'antica reciproca ostilità ebbe grande influenza nel determinare il corso della politica del regno dell'Imperatore, nel periodo che va dall'epoca di Boemondo (che suo padre aveva destinato al trono di Costantinopoli) a quella di Ruggero II.
Quando Roberto il Guiscardo morì nel 1085, il fratello minore Ruggero Borsa, ereditava la Puglia e altri territori italiani; Boemondo, avrebbe dovuto ereditare i possedimenti balcanici di suo padre, che tuttavia furono persi subito per mano dei Greci. I fratellastri, pervennero così ad un aperto contrasto che fu infine risolto grazie alla mediazione di papa Urbano II, il quale ottenne per Boemondo il riconoscimento di alcuni possedimenti intorno a Taranto. Boemondo quindi riceveva da parte della matrigna Sichelgaita un piccolo possedimento allodiale, come compenso per la rinuncia ai suoi diritti sul ducato di Puglia.
Il cronista Romualdo Guarna disse di Boemondo che «egli sempre cercava l'impossibile».
Nel 1096, Boemondo, insieme a suo zio Ruggero I, Gran Conte di Sicilia, stava assediando Amalfi che s'era rivoltata contro il duca Ruggero, allorché bande di Crociati cominciarono ad attraversare l'Italia per dirigersi in Terra Santa. Il desiderio crociato conquistò Boemondo: è possibile che egli abbia visto nella Prima Crociata l'opportunità di realizzare la politica paterna di una espansione verso oriente e avesse sperato, in una prima fase, di ritagliare per se stesso un principato orientale.
Al Terzo concilio di Melfi, dal 10 al 17 settembre 1089, Papa Urbano II bandì la prima Crociata. Il Pontefice, insieme ai fratellastri normanni Ruggero Borsa e Boemondo I, gettò le basi per costituire una lega, allo scopo di liberare dai musulmani la Terra Santa. Iniziò, così, la predicazione per la crociata, che sarà formalmente indetta, in seguito, a Clermont.
Boemondo, radunò un esercito normanno, forse la miglior compagine dello stuolo crociato: sicuramente il suo contingente non era particolarmente numeroso, assommando all'incirca 500 uomini, su un totale di circa 35.000 crociati. Alla testa del suo esercito, traversò, partendo da Trani, il Mare Adriatico e, dopo essere sbarcato a Durazzo, si diresse per la via Egnatia alla volta di Costantinopoli. Qui, fece grande attenzione a osservare un atteggiamento "corretto" nei confronti di Alessio I e, quando arrivò a Costantinopoli nell'aprile 1097, rese grande omaggio all'Imperatore.
Mentre Baldovino di Boulogne e Tancredi d'Altavilla si dirigevano verso est dall'Asia Minore per stabilirsi nella Contea di Edessa, l'esercito principale della Prima Crociata continuò verso sud per assediare Antiochia. Boemondo fu il primo a prender posizione davanti ad Antiochia (ottobre 1097) e prese parte in modo massiccio all'assedio della città, sconfiggendo i tentativi dei musulmani di portar soccorso da est e mantenendo i collegamenti a ovest degli assedianti col porto di San Simeone e con le navi genovesi che erano alla fonda. Con oltre quattrocento torri, la città era quasi impenetrabile. L'assedio si protrasse per tutto l'inverno, con grandi difficoltà tra i crociati, che furono spesso costretti a mangiare i propri cavalli, o, secondo la leggenda, i corpi dei loro compagni cristiani che non sopravvivevano.
Comunque, Boemondo convinse una guardia di una torre, un cristiano convertito di nome Firouz, a permettere ai Crociati di entrare in città. Questo accadde il 3 giugno 1098, e seguì un grande massacro di musulmani. Solo quattro giorni dopo, un esercito musulmano proveniente da Mossul, guidato dall'atabeg Kerbogha, arrivò ad assediare gli stessi Crociati. Alessio I Comneno, l'Imperatore bizantino, stava venendo in soccorso dei cristiani, ma tornò indietro quando gli giunse notizia che la città era già stata riconquistata dai musulmani.
Tuttavia, i Crociati stavano ancora fronteggiando l'assedio, con l'aiuto di un mistico chiamato Pietro Bartolomeo. Pietro annunciò di aver avuto una visione di Sant'Andrea Apostolo, che gli avrebbe detto che la lancia di Longino, che aveva trafitto il costato di Cristo sulla croce, si trovava ad Antiochia. Si scavò sotto la cattedrale di San Pietro, e la lancia fu trovata da Pietro stesso. Anche se molto probabilmente questa era stata messa lì da lui stesso (questa era l'opinione anche di Ademaro di Le Puy, legato papale), ciò risollevò il morale dei crociati. Con la reliquia appena scoperta alla testa dell'esercito, Boemondo marciò incontro a Kerbogha, che fu miracolosamente sconfitto — miracolosamente perché, secondo i Crociati, un esercito di santi apparve sul campo di battaglia in loro aiuto.
Il controllo della città fu oggetto di una lunga disputa. Vi erano nell'esercito dei Franchi nove conti preposti al loro comando, Boemondo li raccolse a consiglio e domandò a chi dovesse andare Antiochia una volta conquistata, si accordarono, dato che ognuno la richiedeva per sé, a guidare l'assedio una settimana l'uno, concordando che essa sarebbe andata a chi, nella sua settimana, sarebbe riuscito ad espugnarla.[7]A seguito del corrompimento della guardia Firouz ci riuscì Boemondo e fu così nominato Principe dagli altri capi crociati.
Boemondo fece valere le sue pretese contro Raimondo IV, che sosteneva i diritti di Alessio e ottenne il pieno possesso di Antiochia nel gennaio1099. Si trattenne quindi nelle vicinanze della città conquistata per rendere sicure le proprie posizioni, mentre gli altri Crociati si spostavano a sud per la conquista di Gerusalemme.
La fase finale del guerriero
Nel Natale del 1099, Boemondo si recò a Gerusalemme, quando Dagoberto da Pisa fu eletto patriarca, forse al fine di impedire la crescita di un forte potere lotaringio nella città. Tutto faceva sembrare che Boemondo fosse destinato a gettare le fondamenta di un grande principato ad Antiochia, che avrebbe potuto contenere Gerusalemme. Aveva un buon territorio, una buona posizione strategica e un esercito forte. Doveva però fronteggiare due grandi forze: l'Impero bizantino, che reclamava tutti i suoi territori appoggiato nella sua pretesa da Raimondo di Tolosa, e le forti municipalità musulmane del nord-est della Siria. Contro queste forze egli fallì.
Nel 1100, nella battaglia di Melitene fu catturato dai Danishmendidi di Sivas e languì in prigione fino al 1103. Il nipote Tancredi, prese il suo posto ma nel frattempo Raimondo s'installava con l'aiuto di Alessio Comneno a Tripoli e riusciva così a contenere l'espansione verso sud di Antiochia. Riscattato nel 1103 dalla generosità del principe armeno Kogh Vasil, Boemondo ebbe come suo primo obiettivo quello di attaccare le vicine potenze musulmane per garantirsi rifornimenti. Nell'attaccare tuttavia Harran nel 1104 egli fu severamente sconfitto sul fiume Balikh, presso al-Raqqa, sull'Eufrate.
La disfatta fu decisiva, rendendo irrealizzabile quel grande principato orientale, che Boemondo aveva progettato. Seguì un attacco greco in Cilicia e, disperando delle sue proprie risorse, Boemondo tornò in Europa per cercare rinforzi al fine di difendere la sua posizione. Giunto a Roma, Boemondo riuscì a convincere il papa Pasquale II della perfidia Graecorum e così il legato pontificio Bruno di Segni, ricevette l'incarico di predicare la guerra santa contro Bisanzio.
A Saint-Léonard-de-Noblat, davanti all'urna di San Leonardo, Boemondo depose delle catene d'argento in ricordo di quelle che per tre anni gli avevano torturato il corpo nella prigione di Gümüştekin. Poi si trovò a Chartres con il re di Francia Filippo I. La sua personalità affascinante gli fece guadagnare la mano di Costanza, la figlia del sovrano francese Filippo I, che sposò a Chartres nel 1106.
In questo modo Boemondo poté reclutare col consenso regio un vasto esercito. Abbagliato dal suo successo, Boemondo decise di usare il suo esercito non per difendere Antiochia contro i Greci, ma per attaccare Alessio. Tuttavia, Alessio aiutato dai Veneziani si dimostrò troppo forte e Boemondo dovette sottomettersi a una pace umiliante col trattato di Devol del 1108, che lo rese vassallo di Alessio, piegandosi a ricevere la sua ricompensa col titolo di Sebastos, con la promessa di rinunciare ai territori disputati e di ammettere un patriarca greco ad Antiochia. D'allora in poi Boemondo fu un uomo finito.
Tornò quindi in Italia, nella speranza di trovare mezzi e uomini che gli consentissero di proseguire con efficacia e determinazione la sua politica in Terra Santa, ma nel 1111 morì a Bari e fu sepolto a Canosa di Puglia.
Mausoleo del Principe Boemondo d'Altavilla - Raffigurazioni
Mausoleo del Principe Boemondo d'Altavilla - Esterno
Portale del Mausoleo del Principe Boemondo d'Altavilla
Mausoleo del Principe Boemondo d'Altavilla - Particolari